Le Kimyouna Bouken di Manà -ep.1

Fìciurin... il Tennou!

Introduziò:

Super Dario! …e Serse perse

E’ notte, in Eubea. La Luna è a metà del suo ciclo, e qualche nuvola la copre. La pioggia cade fitta, in migliaia di sottilissimi aghi d’acqua gelata, nascondendo in parte l’arcobaleno che colora la nebbia. Il terreno è bianco per via della neve, e il Sole inizia a sciogliere i chicchi di grandine che fuoriescono dai criogeyser vicino al mare.

E’ notte, in Eubea.

D’un tratto, il violento passaggio nel cielo di una sfera infuocata squarcia la coltre di nubi, dirada quella di nebbia, rimbalza sull’arcobaleno, travolge numerose gocce d’acqua senza chiedere scusa, e finalmente si incastra in un criogeyser, facendo strage di chicchi e fiocchi.

Dall’alto d’un promontorio lì vicino, il comandante delle truppe alleate di Grecia, Paramecia e Mecha osservava la scena nello stupore più totale.

“Capitano…”

“Ssh… silenzio, soldato!”

“Ma è appena caduta-

“Silenzio, ho detto! Non capite che è tutta una tattica del nemico?”

“Perdonate, ma di che nemico parlate?”

“Già, non si vede traccia di persiani da mesi!”, disse un altro soldato.

Il Capitano sospirò, lo sguardo perso in vicinanza, causa rinnovata nebbia. Si tolse il pesante elmo di cactus, e si girò, per la prima volta da quattro mesi, dando le spalle al mare. Gli abitanti del muschio cresciuto sui suoi calzari furono colti da disgrazie epiche.

“Uomini!” gridò quindi il comandante: ma di uomini non ne vide nessuno, oltre ai due soldati. E dietro di loro, almeno due o tre robot giganti distesi a terra come uomini caduti in battaglia.

“Per lo Stige, ma cosa è accaduto ai miei uomini?!”

“E mecha…”

“Si, e mecha. Allora?!”

“Capitano… ecco, due mesi fa…”

E il soldato iniziò a raccontare al suo comandante ciò che si era perso.

***

In alto mare, in tutti i sensi, la nave navanzava verso la Grecia; e nella cabina di comando, il Re dei Re dava ascolto al Papà del Re dei Re.

“Butta la pasta!” tuonò il vecchio.

“Ma è contro il regolamento imperiale!”

“Ho detto butta la pasta…”

Serse deglutì a fatica. La mano destra prese a tremare, e raggiungere la sinistra, per quanto vicina, fu difficile.

“Buttah!”

Il Re dei Re arrivò infine a congiungere le mani, afferrando l’oggetto che avrebbe poi lanciato sul tavolo.

“Papone…”

“Dai, Sersuccio, su!”

“Ng…YAAAAAH!”

e SBAM!

Sul tavolo, lì, alla luce della lanterna, nella nave sballottata dai flutti impietosi, calò la mano del destino!

“Mwah ah ah ah!” rise a squarciagola Darione, IL Darione, mostrando la sua mano.

“SCALA REALE DEI REEEEE!”

“Ma Papone (del Re dei Re)!”

“Oh, Sersettino, ma smettila, su, hai perso!”

Serse lanciò con rabbia le sue carte sul tavolo.

“Non ci gioco più a paste con te!”

“Uff… Sers-

“Smettila di chiamarmi così! Non sono più quel semplice Re di Persia che tenevi in braccio anni fa!”

“Si, si, lo so, lo so…”

“Bah.”

Serse si alzò dalla sedia e si avvicinò alla finestra della nave: i flutti si frangevano violenti sullo scafo, da ogni direzione, e se sollevava lo sguardo davanti a sè e aguzzava la vista, non riusciva a scorgere altro che nebbia. Da giorni.

“Padre, non scorgo altro che nebbia.”

“Si, ho letto. Ma dammi ascolto, figlio mio, chè tutto questo volge a nostro vantaggio!”

Dario si alzò e si avvicinò al figlio, in modo da potergli appoggiare una mano sulla spalla.

Serse sospirò.

“Spiegatemi ancora quale sarebbe il vostro piano…”

A Dario si illuminarono gli occhi. Raggiunse una cesta posta accanto al tavolo, e ne tirò fuori una testuggine marina, tendendola verso il figlio.

“Osserva, Serse. Ho fatto portare una testuggine per ogni soldato, e vedrai che stavolta prenderemo la Grecia!”

Serse fissava la testuggine, ma non riusciva a capire come potessero farne uso.

“In pratica, figliolo, tra poco daremo una di queste ad ogni uomo a bordo, e dopodichè li faremo tuffare in mare per raggiungere la Grecia sott’acqua!”

“Padre! Ma è un’idea magnifica! Non li vedrà nessuno, altro che marciare facendo tremare la terra!”

“Lo so, figliolo, lo so!”

I due s’abbracciarono e saltellarono dalla gioia, emettendo virili gridolini d’esaltazione.

“Finalmente… avrò ciò che mi spetta di diritto!”

***

“…e questo è quanto.”

Il Capitano non riusciva a credere alle proprie orecchie.

“Che cosa vorrebbe dire che i soldati di Mecha si sono battuti contro quelli di Paramecia e hanno perso?”

“Beh, avete presente quel gioco, morra lontandaquì?”

“Si, ma cosa c’entra?”

“A quanto pare, prima di partire dal suo paese, l’esercito di Mecha si è convinto che lo scontro sarebbe girato attorno alla morra.”

Il Capitano aggrottò la fronte.

“E non mi dirai che…”

“Si, comandante, avevano costruito quelle statue semoventi nella convinzione che avendo le mani più grandi, potessero vincere più facilmente…”

“…così una volta arrivati qui, hanno fatto gli sbruffoni con quelli di Paramecia, li hanno sfidati, e…”

Improvvisamente il Capitano cambiò espressione, e assunse un’aria serena e rilassata.

Poi cadde in avanti con un guscio di tartaruga incastrato nell’elmo.

“Cos-Capitano!”

il soldato si piegò sull’ufficiale per cercare d’aiutarlo, mentre l’altro si mise a guardare giù dal promontorio.

“Aspetta!” fece quello piegato a terra, “non senti anche tu questo ronzio?”

“No… ne sento molt-

Qualcosa gli volò incontro dalla nebbia colpendolo in piena fronte e poi rimbalzò in aria, così il soldato cadde accanto al suo comandante.

“No! No, no, no! N-

L’oggetto che aveva colpito il suo commilitone colpì anche lui in testa; cadde, ultimo a difendere quella costa, e prima che i suoi occhi si chiudessero per sempre (pfui, capirai…) riuscì a scorgere accanto a sé un grosso guscio di tartaruga che dondolava ancora.

***

“Siii! Mwah ah ah ah!”

Dario sembrava impazzito. Correva a destra e a manca sul bagnasciuga, i lunghi capelli bianchi che volavano scomposti, gioendo ognuna delle tre volte in cui s’era sentito un guscio di tartaruga cozzare contro un cranio nella nebbia. (EDIT: Dario ERA impazzito)

Serse scese dalla nave a sua volta, bagnandosi la bella veste di seta setosa.

“Padre!”

Dario si volse, cogli occhi spiritati, e Serse potè contemplarne la follia.

“Serse!”

“Padre, ma cosa… cosa avete indosso?”

“Una salopèt!”

“E cosa sarebbe?”

“La indossavo sempre, quando facevo l’idraulico!”

“Quando facevate cosa?”

“Un lavoro bellissimo! Ammira, Serse, basta prendere una di queste,” raccolse una testuggine e la posò a terra, “e fare COSI’!”

Dario saltò sopra l’animale, e quello schizzò via roteando verso il promontorio, conficcandosi in profondità nella parete di roccia.

Serse era senza parole. Davvero il padre pensava di conquistare la Grecia a quella maniera?

“Padre, davvero pensate di conquistare la Grecia a quella maniera?”

“Si, ho letto, Serse, e SI, LO CREDO DAVVERO!”

Dario tirò fuori un cappello con la visiera e se lo mise in testa.

“SUPER DARIO!” gridò quindi, saltando su di un altro guscio.

Serse era disperato, non credeva che la follia del padre fosse giunta a livelli così incredibili!

Il Re sconcertato dei Re si guardò intorno, in cerca di una guida, ma ciò che vide piuttosto lo riempì di dubbi: c’erano almeno un centinaio di soldati del suo esercito che emergevano dal mare, raggiungevano di corsa la spiaggia con la testuggine sotto il braccio e poi vi saltavano sopra, imitando (Super) Dario.

“Forse sono io a sbagliarmi… forse…”

Mentre pensava, vide il promontorio cedere e crollare verso la spiaggia, travolgendo parte del suo esercito con un robot gigante spuntato apparentemente dal nulla.

“Sono i greci!” gridò Dario, “i greci si difendono!” e detto questo, prese a lanciar funghi secchi sui soldati persiani, gridando chissà che suggerimenti a proposito del diventare giganti a loro volta.

Ma Serse aveva un piano. Emise un fischio prolungato, e poi due brevi.

Una strana figura umanoide sembrò staccarsi dal ponte della nave e balzare verso di lui.

“Auvo… ho una missione da darti.”

***

La prima impressione fu di trovarsi disteso in un fiume gelido, ma poi, alzandosi, si rese conto che era solo grandine appena disciolta mista a nevischio.

Alla sua sinistra, una parete di metallo viola alta almeno cinque metri gli copriva la visuale, e così un’altra parete, pressochè identica, a destra; sembravano congiungersi più avanti, formando un angolo acuto. Alle sue spalle, una palla di roccia aperta in due e nebbia. Sopra di lui, nebbia.

Si alzò in piedi, e quando i capelli castani gli ondeggiarono fino alle spalle, non trovò per niente piacevoli i rivoletti d’acqua gelida che gli percorsero la schiena e infradiciarono la tunica.

“Ma cos’è questo rumore?” si chiese, e rivolgendo i suoi occhi azzurri, socchiusi, verso l’alto, finalmente notò l’enorme quantità di gusci di tartaruga che sibilavano sopra le pareti che sembravano circondarlo. Uno rimbalzò contro la roccia alle sue spalle, e per poco non lo colpì al braccio.

“Uooh, uooh! Devo trovare un posto per ripararmi!”

Fece per correre via, ma dopo due passi si fermò e guardò meglio le pareti di metallo.

Si colpì la fronte con la mano aperta.

“Ma questo è un mecha! Fighissimo!” Appurato ciò, trovò la porticina per entrare nel mezzo, e prese a manovrarlo.

***

“Cvooo, cvooo… che cos’è io non lo sooo…” fluttuando attorno al robot gigante caduto dal promontorio, Auvo, l’essere dal corpo di donna e più cose di gatto, controllava che non vi fosse nulla di pericoloso.

“Che cos’è io non lo sooo, ma qualcosa tvove… miao?”

“Eh? Ah!”

Il giovane si fermò, quando si accorse di Auvo che fluttuava davanti alla cabina di pilotaggio del robot dov’era seduto.

“Mh? Ho sentito qualcosa…” e così dicendo, Auvo poggiò l’orecchio di gatto sul grande occhio del robot, ma non sentì nulla.

“Mmh… devo avevlo immaginato. Bah.” e così dicendo, tornò da Serse.

“Auvo a vappovto, Ve dei Ve!” disse strizzando gli occhi.

“Ve dei… vabbè, senti, Auvo, hai trovato qualcosa?”

“Un vobot!”

“Erm… si, Auvo, questo lo sapevo già…”

“State impavando a leggeve pvima come vostvo padve, complimenti!”

“Ah… grazie… ma, insomma! Auvo, è una minaccia o no?”

“No!” replicò lei tutta felice.

Poi il robot si alzò in piedi.

“AAAAAAHHH!”

“Aiuto!”

“E’ la colla dei Dei! Scappiamo a gambe levate!”

E così dicendo, l’esercito persiano si diede alla fuga correndo sulle mani.

“Fermi, codardi! Fermi! Non è possibile che qui non si vinca mai, quando i greci sono di meno, eh!” tuonò Dario, ma lo fece invano. Così prese più gusci che potè e saltandoci sopra li lanciò contro il mecha.

“AUVO!” gridò Serse alla povera ragatta, “Non avevi detto che non era una minaccia?!”

“Non ha fatto nulla, non è una minaccia!” tentò di difendersi lei.

“Ma cos’è?” fece il ragazzo da dentro il robot, sentendo il rumore dei gusci di tartaruga contro il suo mecha.

“Muori, gran greco!” strillò Dario con tutto l’odio che aveva in corpo.

Il robot lo calpestò nel fare un passo avanti.

“Nessun guscio di tartaruga potrebbe mai abbattere l’Aiace Telamecha 01…” disse il giovane gongolando.

Serse, dal canto suo, visto che di suo padre la cosa più intatta che rimaneva era il ricordo, e dell’esercito manco quello, fuggì gridando verso la sua nave, inserì la retromarcia, fece un’inversione a tre tempi e partì di corsa alla volta di casa. Sempre gridando, eh.

Auvo guardava la nave allontanarsi come in un sogno: riusciva persino a scorgere, al rallentatore, il moccio alla nari destra di Serse sventolare come un vessillo mentre lui si guardava indietro gridando, e la nave correva verso la Persia.

Fiumi di lacrime presero a fluire dai suoi occhi verdi e ormai spenti, da che era stretta tra quel mare odiosamente bagnato e un robot potente come un dio.

La testa del mecha entrò nella sua visuale dalla sinistra, e lei venne percorsa da un brividissimo.

Venne presa tra due dita grandi come tronchi d’albero e sollevata in aria.

“Kyaaaaah! Aiuuuutoooo!”

“Ma che cosa sei?”

“Non sono pevsiana! Non sono pevsianaaa!”

“Sei mezza gatta però, no?”

“Non gatta, PEVSIANA.”

Auvo si rese conto d’essersi tradita.

“MEZZA GATTA PEVSIANA!”

“Quindi, gatta?”

“Si…”

“E umana?”

“Anche…”

“Gatta persiana, eh? col pelo nero e riccio?”

“Ohh, beh, e allova?! E comunque son capelli!”

“E non ti scaldare!”

Auvo venne poggiata sul palmo dell’altra mano aperta del robot. Poteva fluttuare via, ora che era libera, ma aveva paura che sarebbe stata raggiunta in un attimo.

E poi era curiosa di vedere una cosa.

“Esci fuovi, pilota mistevioso!”

Una porticina a lato della testa del mecha si aprì e ne uscì il giovane; la raggiunse sul palmo della grande mano.

“Non ho mai sentito di un gatto persiano riccio.”

“E io non ho mai sentito di gente senza nome…”

“Ma esiste. Io comunque sono Manàzorabasileios, piacere.” e così dicendo le tese la mano.

“Io mi chiamo… Auvo.” gli strinse la mano. “E penso che tu abbia un nome tvoppo lungo. Ti chiamevò Manà.” concluse sorridendo. Stranamente, non era più impaurita.

“Ah, solo Manà? Beh, allora il tuo è troppo corto. Ti chiamerò Auvova.” rise lui a sua volta.

“Manà, da dove vieni?”

“Da un paesino in provincia di Cthulhu…”

Sorgeva l’alba, in Eubea.

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Per chiunque fosse interessato alla realizzazione grafica di quanto sopra, vi rimando a La Stanza di Auvova

5 Risposte a “Le Kimyouna Bouken di Manà -ep.1”

  1. Il pulsante “Like!” è piuttosto riduttivo.Sento già che questo scritto porterà a fama imperitura tutti quelli che sono coinvolti, ci sono gli estremi per un colossal a carattere mitologico-cazzaro!*w*

  2. Beh, grazie, ma non è che sia coinvolto nessuno… oppure conosci qualcuno che brama questa (in)fam(i)a imperitura? Come, che so… qualcuno che ha dormito nel tuo letto ogni notte della tua vita, e che così farà fino alla fine?*
    *leggasi: tu stessa XD

    p.s.: nessun robot è stato maltrattato durante la realizzazione di quest’opera. Nè tartarughe, scogliere o funghi secchi. Però… beh, dai, ammettiamolo: al giorno d’oggi lavorare con certi criogeyser è proprio impossibile, se non li si frusta ogni tanto…

  3. “Come, che so… qualcuno che ha dormito nel tuo letto ogni notte della tua vita, e che così farà fino alla fine?*
    *leggasi: tu stessa XD”

    —>FOREVER ALONE!(cit. 4chan)

    Comunque hai fatto bene a scrivere queste precisazioni di carattere legale,ultimamente le associazioni di salvaguardia dei mecha sono piuttosto suscettibili.Per i criogeyser non credo ci siano ancora complicazioni,speriamo che non si organizzino mettendo su un sindacato,i maledetti.

  4. Uno non si può distrarre un attimo che spuntano simili perle tra i commenti :°D

    avvierò le pratiche di adozione per questa strip (–>sempre più FOVEVEV ALONE).

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