Le Kimyouna Bouken di Manà -ep.4

Immagine provvisoria!

Attica Agonìade!


“Allora… questa sarebbe Tebe, eh?”

Manàzorabasileios si fece schermo dal sole con la mano tesa, e finalmente riuscì a vedere le mura tebane.

“Ma che…”

“E’ così da un po’”, fece il contadino alla guida del carro, “e non credo che torneranno bianche molto presto.”

Manà si voltò, afferrò Auvo per i piedi, la sollevò e la scrollò, facendo volare fili di paglia tutt’attorno.

“Ah! Che è? Altvi mutandemoni?”

Manà la scrollò di nuovo.

“Pev gli dei! Atlante c’ha tvaditi! Il mondo è sottosopva!”

E di nuovo.

“Gvblbl! Ah!” Auvo strabuzzò gli occhi.

“Sveglia, ora?”

“Come!” Auvo si guardò attorno, poi si rese conto che Manà la stava tenendo per i piedi. “Cos’è, giochiamo a Teti e Achille?”

“Non credo proprio,” disse Manà lasciandola ricadere sulla paglia, “anche se l’idea di gettarti in un fiume a testa in giù e vedere se così ti svegli è allettante.”

“Manà! Come…” Auvo notò solo in quel momento le mura dietro a Manà. “…ti pevmetti…” fece correre lo sguardo sulle mura fin dove potè.

Poi spaventò i buoi che trainavano il carro quando iniziò a vomitare arcobaleni.

“Ehi! EHI!” l’uomo alla guida cercò di calmare i buoi.

Manà afferrò Auvo che ancora vomitava e mentre il contadino inveiva contro di loro, si allontanò di corsa dal carro lasciando una scia multicolore nell’aria.

Giunti dinanzi alle porte di Tebe, Manà lasciò andare Auvo e si fermò a riprendere fiato.

“MA QUI HANNO LE MUVA COPEVTE DI MAVMO VOSA!”

I due soldati di guardia, che torreggiavano ai lati della porta, abbassarono il fiero sguardo, come se solo in quel momento avessero notato i nuovi arrivati.

Manà ebbe un brivido. Quegli uomini erano alti una volta e mezzo lui, e per quanto assurdo, il fatto che non portassero l’armatura li rendeva ancora più imponenti: dovevano avere muscoli che da soli pesavano quanto un uomo normale. Le aste delle loro lance erano spesse come la sua caviglia, e avevano la punta a cuore. I loro scudi parevano grandi come barche: gli sarebbe bastato lasciarne cadere uno per ridurre Manàzorabasileios in poltiglia.

Quello sulla destra si piegò su di loro, fermando la testa a due metri dal suolo.

“Per Elio! Una ragatta persiana!”

Auvo fluttuò fino a quel faccione. Poi, con espressione meravigliata, poggiò i pugni chiusi sulle guancie del guerriero e si fissarono come inebetiti.

Il soldato di sinistra abbassò il volto verso Manà.

“Scusate per il disordine” disse Manà indicando la scia color arcobaleno che aveva lasciato Auvo.

“Siamo solo due forestieri, cerchiamo-

Il volto continuò a scendere. Superò la testa di Manà, le spalle, la vita, fermandosi all’altezza delle sue ginocchia.

“Quei calzari.”

Manà deglutì. Piegò leggermente le ginocchia, pronto a scattare.

“Sono deliziosi!”

Le ginocchia gli cedettero a quel commento.

“Eh?”

“Oh, per Elio splendente, sono favolosi! Guarda che alucce!”

“Che riccetti vaporosi!”

Manà si volse e vide che l’altro guerriero stava sfiorando con l’indice i capelli di Auvo, che ne frattempo fremeva, strofinando le manine sulle enormi guance.

“Oh, ma guardati!” si sentì dire dall’altro; il gigante lasciò cadere lancia e scudo da una parte e cadde in ginocchio davanti a Manà.

“Dev’essere l’ultimo grido, a Ilio! Mmh… Miele & Pinoli®, vero? Vero?”

Cercava di decifrare il comportamento di quella guardia, ma tutto ciò che vedeva era sincera ammirazione per i suoi calzari.

“So… sono… i miei calzari…”

“Dai, non fare il misterioso, fustino, dimmi dove ne vendono!”

“Ah… fustino?”

La guardia si poggiò tre dita sulle labbra e ridacchiò.

“Si, fustino… sai che sei proprio un fustino? Fustino modaiolo, guardati, che dolce che sei, tutto smarrito!”

“Hai le guancie gvandi e movbide come focacce!”

“E tu fai quella cosa troppo carina, tutta colorata! Ma che bella coda!”

Auvo si adagiò sulle mani del guerriero, aperte davanti al suo volto.

“Ma voi avete le muva vosa! Le adovo!”

A Manà parve come guardare un uomo discutere con una farfalla.

Un uomo?

“Che accento esotico, ragattina carina!”

Manà sospirò.

***

“Bene, allova la casa è questa. Vi occorre altvo?”

“No, no, si dice occovve

“Oh, già, è vevo…”

“Vevo? Uh uh uh! Che dolce, vevo!”

“Allova ciao, ragatt- cioè, vagattina!”

“Ciao, fustino!”

“Ciao vagazze!”

Le due guardie li lasciarono e si avviarono di nuovo alla porta, commentando allegramente i nuovi venuti.

Quando sparirono dietro l’angolo, Manà asciugò le ultime macchie multicolore dal muso di Auvova usando un lembo della sua tunica.

Il contatto con quel tocco poco delicato la fece rinsavire.

“Manà! Ma hai visto?”

Manà si guardava intorno preoccupato: ovunque vedeva case decorate con colori accesi, bambini che giocavano con spade di legno glitterate e al centro della piazza una fontana con una statua di Elio baffuto, a cui avevano messo mutandine da donna, paglietta e occhiali da sole.

“Ho visto. Anche troppo.” Si volse verso Auvo. “Troviamo questo Anyon e andiamocene via.”

Auvo s’intristì. “Ma Manà…”

Il pugno del ragazzo si abbattè sulla porta targata Anyon per tre volte.

“Eccomiii!”

“Oh, per… un altro deviato, bene…”

“Manà!”

“Non è che dobbiamo tutti andare d’accordo su tutto, eh!”

La porta si aprì e sull’uscio apparve un ragazzo alto quanto Manà.

A differenza di chiunque altro, Anyon indossava un paio di pantaloni e delle ciabatte chiuse. Il petto era coperto da intricati motivi blu, mentre i lunghi ricci biondi erano trattenuti da una bandana verde. Appeso al collo aveva un diaulos.

“Salve!”

il suo sorriso fece sparire del tutto gli occhi già piccoli.

“Ehm… salve.”

Anyon si fece per qualche istante serio scrutando l’espressione tesa di Manàzorabasileios, poi improvvisamente si portò le due canne del diaulos alla bocca e prese a suonare saltellando intorno al suo ospite come un fauno.

“Ci manda Crisavio…”

Anyon si fermò.

“Un po’ di vino, sconosciuto amico?”

“Anyon, suoni vevamente bene!”

il giovane s’illuminò.

“Davvero? Allora suonerò per te, signorina…?”

“Oh, io sono Auvo. E lui è Manà!”

Manà diede un colpo di tosse guardandola, e lei sbuffò.

“Dicevo, lui è Manà…Manà Zazà Boh.”

“Non è un po’ troppo lungo?”

“E’ quello che gli ho detto anch’io!”

“Il mio nome è Manàzorabasileios!”

Anyon e Auvo lo fissarono finchè non si rese conto di aver alzato la voce.

“E’ comunque troppo lungo. Meglio Manzorba. Dimmi Manzorba, Perché hai fatto tutta questa strada solo per arrabbiarti sulla porta di casa mia?”

“Non mi sto arrabbiando! Non troppo.” Manà si guardò intorno, preoccupato. “Ci manda Crisavio.”

“Si, questo l’hai già detto.”

“Beh, Crisavio c’ha detto che tu puoi aiutarci.”

“A far che?”

“In effetti, Manà, pevché sei venuto qui da Tutu?”

Manà neanche si diede più la briga di correggerla.

“Perchè voglio realizzare il mio sogno di-

“Bene, allora prendi questo!” disse Anyon afferrando un grosso sacco accanto alla porta e lanciandolo addosso a Manà.

“Ma cos’è? Ci sono strumenti da laboratorio?”

“No, serve per andare a Krommyon. Vedrete, sarà divertente!” Ciò detto, Anyon andò nel retro di casa sua e tornò su di un carro trainato da cavalli.

“Avanti, caricate le vostre cose: si parte!”

Auvo e Manà si guardarono perplessi, per poi salire senza fare altre domande.

“Al galoppo!”

***

Arrivarono che ormai era sera, e lasciarono il carro alla locanda dove avrebbero alloggiato, per poi andare a fare un giro per la città.

Krommyon era più affollata del cavallo di Troia: la strada principale, in cui Anyon, Manà e Auvo s’erano infilati, era completamente ostruita dai passanti, che vociavano, cantavano, gridavano e in generale bevevano. Accanto alle bancarelle che vendevano il vino in vista della serata, c’erano anche quelle che vendevano portachiavi a forma di cetra, dolci a forma di aulos, becere imitazioni di strumenti musicali a malapena funzionanti e tuniche bianche con su scritto “Settordicesima Attica Agoniade: ήμουν εκεί!” o “mia moglie è stata alla Settordicesima Attica Agoniade e tutto quello che mi ha riportato è stato questo figlio”, quest’ultima formato XXS.

Il terzetto riuscì finalmente a sbucare sull’agorà, a sua volta affollata.

Anyon mandò giù in un sorso il vino dalla sua coppa, la schiacciò contro la fronte e la gettò via.

“Eccoci a Krommyon! Ah, che magnificenza! Che luogo magico! Che-

“Anyon, ora mi spieghi perché siamo qua!” fece Manà spazientito. Non ne poteva più di queste perdite di tempo.

“Ma pev l’Attica Agonìade!” rispose Auvo, con la voce impastata, gli occhi lucidi, e una coppa vuota per cappello.

“E che sarebbe?”

“Sono la vettvice! Bevi!” gridò Auvo forzando contro le labbra di Manà la coppa che aveva in testa poco prima.

Dal balcone del palazzo più in vista di tutta la piazza si affacciò una giovane donna dai lunghi ricci neri, avvolta in una tunica viola bordata d’oro.

Attide, regina di Krommyon e della costa circostante, con volto sereno e guance color della sua tunica ruttò poderosamente sull’agorà, che si fece silenziosa, e poi iniziò a gridare: “Che bello, che bello! Ah ah ah! Suonatori! Citaredi, auloti, percussionisti, bitbòxeroi, tutti! Stasera ci sarà la gara finale! Accorrete numerosi al teatro!”

Mentre la folla di sotto esultava, fece per portarsi alle labbra uno skyphos di pramnio, ma venne afferrata dalle sue sorelle nel tentativo di trascinarla di nuovo dentro il palazzo.

“State ferme, zitellacce!”

“Ma stai buona te, Attide!” disse Korinna.

“Attide, sii ragionevole!” disse Kleio.

A vederle da così lontano, Manà riuscì solo a capire che una aveva un petto florido e che l’altra fosse molto alta per una donna.

“Ooh! Allora sapete cosa?” Attide si rivolse nuovamente alla folla: “Chi vince può scegliersi una di queste zitellmfgfgmfg!”

con la bocca tappata, Attide venne finalmente ritrascinata dentro.

Manà guardò Anyon e si accorse che fissava ancora il balcone con occhi sognanti.

“Ehi, però… quella Kleio, così alta… ho sempre sognato una donna più alta di me!” si volse verso Manà: “sarebbe bello poterla sposare…”

In quel momento, rossa in volto, Attide si riaffacciò e la folla ammutolì di nuovo.

“E quella che vi scegliete ve la sposate pure!” gridò, poi le sorelle la riportarono dentro con la forza.

“Evvai, mi sposo! Devo vincere assolutamente!” disse Anyon, “Per Kleio!”

***

Manàzorabasileios, l’uomo giunto dal cielo in una meteora, il pilota di mecha, colui che è capace di mantenere la calma persino di fronte ad Ablabia, si era perso.

“Auvovaaa! Anyooon!” gridava intorno a sé, ma sapeva benissimo che non potevano trovarsi lì, al mercato del pesce.

“Come ci sono finito qui?!”

“Come fa a costare tanto una torpedine?”

Manà si voltò e capì che a parlare era stato un ragazzo dai lunghi capelli biondi che portava una cetra gialla a tracolla.

“Prezzi dell’Agonìade, ragazzo, è così ogni anno.”

“Paiono più prezzi da agonia, per chi deve mangiare!”

Il mercante adocchiò la cetra.

“Dì, potremmo fare uno scambio… che ne dici?”

“Cosa… mai!” fece il ragazzo abbracciando la sua cetra.

“Bah! Allora puoi anche andartelo a pescare da solo, un pesce, specie di orso àrcade!”

La battuta fece scoppiare a ridere anche gli altri pescivendoli.

“Questi dovrebbero bastare”, fece Manà lanciando alcune grosse monete sul banco.

“Si, questi bastano eccome, signore!”

Manà annuì e afferrò la torpedine più grossa dal banco.

“Grazie, amico!”

Manà si volse verso il ragazzo biondo.

“Di che?”

“Scusami, ma non l’hai comprata per me?”

“Certo, come no. L’ho pagata quanto un superattico in centro a Corinto, Perché non regalarla al primo che passa?”

L’altro si fece rosso in viso.

“Dì, come ti chiami?”

“Arcade. Sono un arcade.”

“Nel senso che devo infilare un getto-

“Basta con ‘sta battuta, maledetto Deimos! Sono un àrcade! Dall’Arcadia!”

“Va bene, va bene, non ti scaldare, Arcade l’arcade! E come mai sei qui a comprar pesce invece di partecipare all’Agonìade?”

“Beh, vorrei, ma come faccio? Ho solo la mia kithara… la mia cetra.”

“E allora?”

“Mi occorre un cantore.”

Manà tese il braccio verso Arcade, e si afferrarono gli avambracci a vicenda.

“Bene, Arcade. Hai trovato il tuo cantore.”

Arcade s’illuminò in volto.

“Oh, bella! Ora stai a vedere che magari riesco pure a conquistarmi la bella Korinna!”

Ed io a salire sul palco, pensò Manàzorabasileios.

***

Il pubblico assiepato sui gradini del teatro gridava già alla truffa, mentre lanciava di tutto sul palco.

“Sorella, pare che non ci sia alcun partecipante.” fece Korinna.

“Eh?”

“Attide, ma non mi vuole nessuno?” piagnucolò Kleio.

“Ma che dici!” la regina scattò in piedi e il brusio cessò.

“Allora? Nessuno vuole Korinna?”

“per fare la fine di Orione?” disse qualcuno dagli spalti, e tutti risero.

“Allora… Kleio?”

“Piacerebbe giusto a un tebano!” disse qualcun altro, e tutti risero nuovamente.

“Attide, ritira questa condizione e andiamo avanti con la gara!” sibilò Korinna.

“No!” s’incaponì Attide, “Una di voi due si sposerà, punto e basta!”

“Io! Io! Partecipo io!” gridò Anyon correndo verso il palco, seguito da Auvo.

“…Saresti, scusa?” chiese Korinna.

“Anyon, signora!” poi, volgendosi verso l’altra principessa, “E amo Kleio!”

La folla si produsse in un oooh collettivo.

Kleio s’irrigidì e divenne tutta rossa. Quello era davvero un bel ragazzo.

“Del vino, per favore…”

Anyon sorrise.

“Non ho sentito un no, mia regina Attide!”

“Kleio, a te sta bene?” chiese Attide alla sorella.

Kleio sollevò sopra la testa un pollice tremante mentre con l’altra mano vuotava il calice.

La folla esultò, Attide scoppiò a ridere, Anyon si diede il cinque con Auvo e Korinna sbuffò.

“Allora, in mancanza di sfidanti, dichiaro-

“Lo sfido io!”

“ARCADE!”

la folla stavolta ammutolì.

“Lo conosci, Korinna?” chiese Attide sollevando un sopracciglio.

“Eh? Fi. Lo conofco.”

“Korinna?”

“Mh? Che f’è?”

“No… niente…” Kleio si girò di nuovo e incrociò lo sguardo magnetico di Anyon. Seconda coppa di thasio.

Dietro ad Arcade apparve Manà, con una cetra gialla che ronzava sommessamente.

“Manà! Che fai qui? Dov’evi finito?”

“Dov’eravate finiti voi! Auvo, quante volte t’ho detto di non fluttuare via?”

“Non sono mica scappata via… gelosone.”

Manàzorabasileios balbettò qualcosa e poi arrossì, sorprendendo Auvo.

“Ciao, arktos.” fece Arcade a Korinna.

“Uuh, ti ha chiamata orsetta, che carino!”

“Ftai ffitta, Affide.”

“Insomma, non sei qui per la mia Kleio, eh?”

“Uuh, ha detto che sono sua…!” Kleio svenne sul suo trono.

“No. Troppo alta. Preferisco un’orsetta alla tua Kleio.”

“Oh!” scattò Korinna agitandosi sul trono. “Macchè una! Io non sono una! Devo essere l’unica!”

“Vabbè, s’è capito!” rispose Arcade, già esasperato.

“SFIDANTI!” gridò Attide, “Siete pronti?”

“A che, tanto abbiamo già detto che-

“Le regole le faccio io! Sono la maledetta regina e decido io! Solo uno di voi si sposerà con una delle mie sorelle! E sarà il vincitore di questa gara!”

Anyon e Arcade si guardarono: rendendosi conto che nessuno dei due si sarebbe ritirato, imbracciarono gli strumenti. Il pubblico esplose in un tifo a squarciagola, chi per Anyon, chi per Arcade. Manà e Auvo si scambiarono uno sguardo d’intesa. Essendo loro i rispettivi cantori, si trovarono d’accordo sul competere in un campo in cui combattevano alla pari.

Le gole si schiarirono.

Gli strumenti erano pronti a fare scintille.

I due suonatori erano decisi a conquistarsi la loro principessa.

Attide sollevò una mano, e quando l’abbassò, la terra venne scossa da un terremoto.

Tutti caddero a terra, molti gridarono.

Mentre la terra ancora tremava, Auvo, unica in grado di volare, si sollevò da terra e fluttuò al di sopra del teatro. Quello che vide le diede un brivido di terrore.

Il mare dell’insenatura non si vedeva più. Le isole in lontananza non erano visibili, tutto quello che si vedeva era un altissimo muro di terra, roccia e radici.

E sulla sommità del muro, Auvo vide la sagoma inconfondibile di un minotauro.

3 Risposte a “Le Kimyouna Bouken di Manà -ep.4”

  1. Wow. La cosa inizia a diventare epica! xD Addirittura un minotauro… grave, davvero grave!

  2. Si, ma capirai… l’ha visto Auvo: potrebbe anche essere un cono gelato XD
    Scherzi a parte, grazie per l’epicità ^^
    Vedrai che Manà ce la farà a realizzare il suo sogno!
    Anche se non è ancora riuscito a dire quale sia XD

  3. Tempo al tempo! Così manteniamo alta la suspance, no? XD Un abbraccio forte, bellissimo. Ci vediamo presto! Ciau!

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